PISA. In silenzio davanti al pm che lo ha indagato, in concorso con altri due ex commilitoni, per omicidio volontario in concorso. Quello di Emanuele Scieri, il parà 26enne di Siracusa, trovato morto nel primo pomeriggio del 16 agosto 1999 nella caserma Gamerra. Luigi Zabara, 39 anni, di Frosinone, ha salito i gradini della Procura in via Beccaria qualche minuto dopo le tre del pomeriggio. Al suo fianco l’avvocato Andrea Di Giuliomaria. Erano attesi dal pm Sisto Restuccia e dal personale della polizia giudiziaria della squadra mobile di Pisa e della Procura pisana che dalla primavera 2017 stanno indagando su un caso riaperto grazie alla commissione d’inchiesta parlamentare invocata per anni dalla famiglia che non aveva mai creduto al suicidio o al fatalismo di un incidente per una prova di forza di Lele. Neanche mezz’ora di colloquio e sono usciti. Il tempo di verbalizzare la posizione della difesa. Zabara è rimasto muto anche con i giornalisti allontanandosi a passo svelto e anticipando di qualche metro il suo legale che all’uscita dal palazzo ha sintetizzato l’esito dell’incontro quasi lampo. «Abbiamo chiesto un differimento dell’interrogatorio e ci siamo avvalsi della facoltà di non rispondere – spiega l’avvocato –. D’altronde non conosciamo il contenuto delle accuse riferite a fatti di 19 anni fa. Siamo all’oscuro degli elementi di prova sostenuti dalla Procura e, quindi, abbiamo chiesto di avere accesso agli atti. Quando ce li faranno vedere e li avremo studiati saremo disponibili a sostenere un interrogatorio». L’ipotesi è che il nuovo faccia a faccia possa tenersi nelle prossime settimane. Nella storia personale di Zabara c’è un’esperienza editoriale che, letta con la lente dell’investigatore, rimanda a una coincidenza con il caso Scieri per alcuni versi inquietante. Nell’agosto 2017 (diciottesimo anniversario della morte di Scieri, ndr) ha scritto un libro, “Coscienza di piombo”, che sembra ispirato alla vicenda della Gamerra. Almeno stando alla sinossi: «Attraverso gli occhi dei protagonisti che commetteranno degli errori irreversibili, che chiunque di noi potrebbe commettere in ogni momento, l’autore vuole fornire un punto di vista diverso sulla continua lotta tra coscienza e vita quotidiana. Come si può continuare a vivere la propria vita in maniera normale dopo aver commesso il più tremendo degli sbagli?» L’errore, il rimorso, il senso di colpa. Sentimenti di chi vuole esorcizzare qualcosa che tiene in ostaggio la propria coscienza? Per l’accusa la sera del 13 agosto 1999 alla Gamerra Scieri fu picchiato dai “nonni” (i tre indagati) e costretto a salire sulla torre di asciugatura dei paracadute da cui cadde e dopo un volo di una decina di metri lasciato a terra agonizzante. Anzi, lo coprirono con una tavola per occultarne il corpo. Nel giro di interrogatori pianificato dalla Procura oggi è in programma quello con Andrea Antico, 39 anni, militare ancora in servizio e consigliere comunale nel Riminese. Deve difendersi dalla stessa accusa contestata a Zabara e ad Alessandro Panella. Lui sostiene che quel 13 agosto era in licenza. Una condizione che l’accusa tende a non ritenere credibile considerando le pratiche in uso all’epoca di modificare gli statini, così come quella di risultare in licenza e poi restare in caserma per avere una maggiore libertà. —
Pisa, 29 marzo 2017 – Due anni di reclusione con la sospensione condizionale della pena. È il verdetto del tribunale di Pisa nei confronti di un giovane, 21 anni, residente in un piccolo centro del Pisano, che ha molestato la cugina di 5 anni e poi si è autoaccusato di fronte ai carabinieri, dopo che la madre della piccola, sua zia, aveva scoperto dalla bambina che cosa era accaduto. Proprio per la condotta collaborativa dell’imputato, il giudice ha concesso alcune attenuanti.
Nella sentenza di condanna è stato stabilito anche un risarcimento economico per i danni alla minore. Il giovane, difeso dagli avvocati Maria Teresa Schettini e Andrea Di Giuliomaria, ha scelto il rito abbreviato per usufruire dello sconto di un terzo della pena e di un processo basato sugli atti, ma ha ammesso i fatti contestati prima direttamente alla madre della piccola e poi davanti ai carabinieri: almeno tre incontri a sfondo sessuale.
In tutte le occasioni aveva molestato la cuginetta. I segnali di quel rapporto sbagliato arrivarono dalla piccola alla madre. «Per me però era solo un gioco, non volevo farle del male», ha riferito l’imputato che ha anche accettato di essere seguito da uno psicologo per avviare un percorso di riabilitazione.
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