La V sez. pen. della Corte di Cassazione, con la sent. n. 37101 del giugno 2022, è tornata ad occuparsi di un tema storicamente ostico del diritto penale d’impresa: il concorso dell’extraneus nel reato di bancarotta fraudolenta. La pronuncia in questione non ha eccessivamente sorpreso gli addetti ai lavori, poiché tratteggia e ribadisce i “pilastri” della giurisprudenza di legittimità circa il delicato tema in parola.
Nel caso di specie, la Corte d’Appello di Milano aveva ritenuto sussistente la responsabilità penale del legale di una società fallita, poiché aveva reso consigli in merito ad un’operazione di aumento fittizio del capitale sociale. I giudici di merito, erroneamente, avevano ritenuto il legale responsabile in qualità di extraneus, poiché i suoi consigli avevano di fatto aggravato il dissesto societario.
Approfittando del passo falso compiuto dal giudice di merito, il Supremo Consesso ha colto l’occasione per ribadire che “nel delitto di bancarotta fraudolenta, il parere reso dal legale della società in seguito fallita, costituisce contributo causalmente rilevante rispetto alla condotta tipica di bancarotta, solo nel caso in cui sia risultato decisivo per l’assunzione della condotta da parte dell’intraneus”. Nel caso di specie, era evidente come l’amministratore della società avrebbe comunque assunto talune decisioni, a prescindere dall’apporto dell’avvocato “consigliere”. A riprova di quanto detto, già i giudici milanesi avevano parlato di “consigli dalla incerta valenza causale”.
La V sez., nell’esaminare la vexata quaestio, ha ribadito alcuni “criteri guida” che devono essere scrupolosamente applicati. Innanzitutto, l’extraneus non è l’amministratore di fatto della società, quindi è necessario che il suo comportamento denoti un’effettiva concretezza, così da assumere una rilevanza causale rispetto alla condotta posta in essere dall’imprenditore fallito. In secundis, per il solo fatto di elargire pareri legali, l’avvocato di una società non può essere considerato penalmente responsabile, altrimenti si finirebbe per affermare una responsabilità non già per la condotta, bensì per la posizione ricoperta. Infine – autentica “red flag” da non dimenticare – è necessario che l’extraneus apporti un concreto dinamico contributo concorsuale nel reato posto in essere dall’amministratore della società: tale “dinamicità” si può rinvenire nel soggetto che, consapevole dei propositi distrattivi dell’imprenditore, fornisca a questi consigli o suggerimenti sui mezzi giuridici idonei a sottrarre i beni ai creditori, o lo assista nella conclusione dei relativi negozi, ovvero svolga un’attività diretta a garantirne l’impunità.
Ne consegue, dunque, che in mancanza di una sufficiente specificazione del concreto dinamico contributo apportato dall’extraneus – nei termini appena enucleati – la posizione soggettiva del legale non può in alcun modo travalicare il perimetro della mera connivenza non punibile.
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