IL NUOVO DECRETO LEGGE 25 MARZO 2020, N. 19
E LE NUOVE DISPOSIZIONI IN AMBITO SANZIONATORIO
Con il decreto legge 25 marzo 2020, n. 19, in vigore dal 26 marzo 2020, il Governo ha previsto la possibilità di adottare una o più misure, per periodi predeterminati, tra quelle indicate in via generale nel medesimo decreto, ha modificato il sistema sanzionatorio nel caso di violazione delle misure stesse e delineato i rapporti tra Stato, Regioni ed enti locali in relazione alla spendita dei poteri di emergenza.
La normativa
Il decreto legge del 25 marzo ha abrogato il decreto legge 23 febbraio 2020, n. 18, sostituendolo integralmente. Al pari del precedente decreto, il Governo ha nuovamente posto le basi per affrontare l’emergenza, prevedendo il potere di adottare una o più misure tra quelle indicate per categorie generali nello stesso decreto (divieto spostamenti delle persone, sospensione attività, chiusura di luoghi pubblici, sospensione di servizi pubblici ecc…), al fine di contenere la diffusione del contagio. Si tratta di attività programmatica a cui seguiranno nuovi dpcm che prevederanno misure più o meno restrittive sulla base della concreta situazione di rischio che di volta in volta verrà riscontrata.
Ciò non equivale a dire che, ad oggi, non sussista alcuna limitazione. Infatti, nelle more dell’adozione dei decreti attuativi:
- sono fatti salvi gli effetti prodotti e gli atti adottati sulla base dei decreti e delle ordinanze emanati ai sensi del D.L. 23 febbraio 2020, n. 6 e continuano ad applicarsi, nei termini originariamente previsti, le misure già adottate con i dpcm emanati in data 8 marzo, 9 marzo, 11 marzo e 22 marzo. Pertanto, fino al 3 aprile 2020 o data precedente nel caso di nuovo intervento del Governo, continueranno ad applicarsi le misure disposte e attualmente vigenti in relazione a spostamenti, divieti o sospensioni. Quindi, in attesa dell’adozione dei nuovi decreti, continuano ad operare i vecchi dpcm e le misure da questi disposti;
- possono essere disposte misure dal Ministro della Salute con ordinanza, in casi di estrema necessità e urgenza per situazioni sopravvenute, con efficacia limitata fino all’entrata in vigore dei nuovi dpcm;
- possono essere introdotte misure ulteriormente restrittive da parte delle Regioni (nell’ambito di quelle categorie elencate nel decreto), in caso di specifiche situazioni sopravvenute di aggravamento del rischio sanitario nel territorio di competenza o in una parte di esso, con efficacia limitata, anche in questo caso, fino all’entrata in vigore dei dpcm.
Il nuovo decreto è stato emanato, dichiaratamente, al fine di chiarire e regolare i rapporti tra gli organi di Stato (Governo e Parlamento) e le amministrazioni locali.
Il decreto legge prevede che ciascun dpcm abbia una durata non superiore a 30 giorni e che, nel complesso, le misure possano essere adottate fino al 31 luglio 2020, data corrispondente alla fine dello stato d’emergenza. Ed invero, con delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020 è stato dichiarato lo stato d’emergenza per 6 mesi (dunque fino al 31 luglio 2020) in conseguenza del rischio sanitario connesso al Covid-19.
È necessario a tal proposito chiarire che la data del 31 luglio 2020 non indica la durata delle misure di contenimento, quanto il termine ultimo entro il quale il Governo è legittimato ad adottare ulteriori restrizioni o prorogare quelle già in essere. Resta inteso che lo stato d’emergenza possa essere revocato in qualsiasi momento e che le misure possano cessare anteriormente a quella data oppure possano essere graduate in modo più o meno restrittivo in base all’evoluzione della situazione, o essere limitate esclusivamente ad alcune porzioni del territorio nazionale.
Le nuove previsioni in materia di sanzioni
La modifica più rilevante introdotta con il decreto legge concerne le sanzioni, vale a dire la risposta sanzionatoria nel caso di violazione delle misure imposte.
Preliminarmente, va chiarito che a dispetto dei proclami dei giorni scorsi, che annunciavano la sostituzione della sanzione penale con quella meramente amministrativa, residuano tutt’oggi ipotesi di condotte penalmente rilevanti, alcune delle quali espressamente previste dal decreto legge.
È utile fare un po’ di chiarezza.
Condotte integranti illecito amministrativo punite con una sanzione pecuniaria e/o con la sanzione accessoria della sospensione dell’esercizio o attività:
- la violazione di tutte le misure indicate in via generale dal decreto, così come verranno specificate dai dpcm attuativi, comporta l’applicazione di una sanzione amministrativa, irrogata del Prefetto, del pagamento di una somma di denaro da euro 400 ad euro 3000. Inoltre, qualora il mancato rispetto delle misure avvenga mediante l’utilizzo di un veicolo, le sanzioni sono aumentate fino a un terzo e nel caso di reiterata violazione della medesima disposizione la sanzione amministrativa è raddoppiata. Pertanto, la violazione delle misure imposte non costituisce più reato ma illecito amministrativo punito con una sanzione pecuniaria. Tale previsione è efficace anche per le condotte poste in essere fino alla data di entrata in vigore del decreto, rispetto alle quali è prevista una riduzione della metà della sanzione minima amministrativa (euro 400 ridotta ad euro 200);
- nel caso delle misure previste dall’art. 1, comma 2 lett. i), m), p), u), v), z) e aa) del decreto, che prevedono tra le altre anche la sospensione delle attività produttive e commerciali, oltre alla sanzione amministrativa suddetta (da euro 400 ad euro 3000) si applica, altresì, la sanzione amministrativa accessoria della chiusura dell’esercizio o dell’attività da 5 a 30 giorni. Nelle more dell’adozione del provvedimento di chiusura può essere disposta anche la chiusura provvisoria dell’esercizio o dell’attività per una durata non superiore a 5 giorni, tempo che dovrà essere scomputato dal periodo di sospensione definitivo inflitto dal Prefetto. Nel caso di reiterata violazione della medesima disposizione la misura accessoria viene applicata nella misura massima.Tutti i procedimenti amministrativi sorti in seguito a tali contestazioni rimangono comunque sospesi fino al 15 aprile 2020 ai sensi dell’art. 103, del D.L. 17 marzo 2020, n. 18.
Condotte integranti reato
L’art. 4, comma 1, ove si prevede l’applicazione di una sanzione amministrativa nel caso di violazione delle misure imposte, fa salvo il caso in cui il fatto costituisca reato. Pertanto, rimangono penalmente rilevanti:
- la dichiarazione mendace nell’autodichiarazione circa le giustificazioni che legittimano lo spostamento, integra il reato di cui all’art. 483 c.p.;
- la violazione del divieto assoluto di allontanarsi dalla propria abitazione o dimora, da parte di chi è sottoposto alla misura della quarantena perché risultato positivo al virus, oggi risulta punita, ai sensi dell’art. 260 del TULS, con l’arresto da 3 a 18 mesi e con l’ammenda da euro 500 ad euro 5000.
Dunque, in ordine a tale ultima fattispecie di reato deve ricorrere una doppia condizione: accertata positività al virus e conseguente provvedimento di quarantena. Le clausole aperte inserite nel decreto legge (“salvo che il fatto costituisca reato” o “comunque più grave reato”) lasciano aperta la possibilità che vengano contestate le più classiche fattispecie penali quali le lesioni personali o omicidio di cui agli artt. 590 e 589 c.p. se colposi oppure 582 e 575 c.p. se dolosi, in base all’evento cagionato.
La disciplina transitoria
L’art. 4, comma 1 prevede che “il mancato rispetto delle misure di contenimento di cui all’articolo 1, comma 2, individuate e applicate con i provvedimenti adottati ai sensi dell’articolo 2, comma 1, ovvero dell’articolo 3, e’ punito con la sanzione amministrativa (..omissis…)”.
Tale disposizione sembrerebbe prevedere la sanzione pecuniaria soltanto rispetto alle violazioni delle restrizioni previste nei dpcm che devono essere ancora emanati (quelli di cui all’art. 2 del decreto). Mentre rispetto alle violazioni precedenti viene stabilita la depenalizzazione e l’applicazione della sanzione amministrativa.
Residuerebbe, quindi, apparentemente, una parentesi temporale che va dal 26 marzo alla data di emanazione dei dpcm, ove le eventuali violazioni risulterebbero sprovviste di sanzione. Soccorre il buon senso che, a dispetto dell’infelice formulazione legislativa, suggerisce che la norma debba essere interpretata nel senso che la sanzione amministrativa sia sin da oggi in vigore.
Modifica del modulo di autodichiarazione
Proprio in virtù delle novità introdotte, è stato messo a disposizione dal Governo un nuovo modello di autodichiarazione nel quale:
- si fa riferimento alle eventuali limitazioni disposte con provvedimento del Presidente della Regione: tale previsione si è resa necessaria in considerazione dei poteri riconosciuti a questi dal nuovo decreto legge;
- sono richiamate le sanzioni previste dall’art. 4 del decreto legge (vedi sopra) nel quale si indica quale conseguenza della violazione delle misure disposte, la sanzione amministrativa del pagamento di una pena pecuniaria;
- si modifica nuovamente la parte relativa alla giustificazione dello spostamento. Mantenendo fermi i motivi di salute e le comprovate esigenze lavorative per tutti gli spostamenti e l’assoluta urgenza per i trasferimenti in Comune diverso, viene modificata la categoria della situazione di necessità.
In base al nuovo modulo di autodichiarzione questa andrà a giustificare tanto gli spostamenti all’interno del Comune quanto quelli fuori dal Comune “che rivestono carattere di quotidianità o che, comunque, siano effettuati abitualmente in ragione della brevità delle distanze da percorrere”. Ed invero, nella precedente circolare di questo studio del 24 marzo, per le situazioni di necessità extracomunali per brevi spostamenti quotidiani o abituali, era stato consigliato di non barrare alcuna casella mancando un’espressa previsione, nonostante tale ipotesi fosse già contemplata nella circolare del Ministro dell’Interno del 24 marzo.
Il nuovo modello di autodichiarazione colma questo vuoto e prevede che nel caso di spostamenti tra Comuni diversi, giustificati da situazioni di necessità abituali o quotidiane, si potrà barrare la relativa casella, indicando nella parte descrittiva il dettaglio dell’esigenza. In questi ultimi casi, come già da precedente circolare di questo studio, rientrano l’assistenza a congiunti e gli spostamenti relativi ai figli minori. A tal ultimo proposito, tuttavia, permangono dubbi in ordine alla possibilità dei genitori separati di ricongiungersi ai figli minori, nel caso in cui questi si trovino a distanze non catalogabili come “brevi spostamenti”.
Pisa, 26 marzo 2020
Avv. Andrea Di Giuliomaria