La sent. n. 31478 del 2022 è stata, per la IV sez. pen. della Cassazione, una proficua opportunità per far luce su una tematica complessa: gli infortuni sul lavoro che coinvolgono soggetti terzi rispetto al c.d. “perimetro aziendale”. Più precisamente, il quesito che il Supremo collegio ha cercato di dipanare è il seguente: l’infortunio che si verifica sul lavoro, occorso ad un soggetto “estraneo” – cioè non legato da alcun rapporto contrattuale al datore – può integrare la circostanza aggravante del fatto commesso con violazione delle norme antinfortunistiche?

Il Giudice di legittimità ha dato risposta affermativa, tracciando un solco argomentativo che qui vale la pena ripercorrere e prendendo le mosse dal seguente caso: un pedone era stato travolto da un autocompattatore in manovra e i giudici di merito avevano ritenuto sussistente la responsabilità penale in capo al titolare della società che gestiva il servizio, ai sensi dell’art. 589, comma 2, c.p. La Cassazione, al contrario, escludeva che l’omicidio colposo aggravato potesse ravvisarsi a carico del datore di lavoro, trattandosi di un mero incidente stradale.

L’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità – nella sentenza in parola – non è stato disatteso, bensì riaffermato con le dovute cautele. Nulla quaestio sul fatto che le norme antinfortunistiche siano dettate a tutela non solo dei lavoratori, ma anche dei terzi che si trovino nell’ambiente di lavoro, a prescindere dall’esistenza di un rapporto di dipendenza con il titolare. Dunque, qualora si verifichino reati di lesioni o di omicidio colposi, è ravvisabile la colpa del datore di lavoro per violazione delle norme dirette a prevenire gli infortuni.

Ad adiuvandum, si considerino quelli che sono gli ulteriori caratteri – almeno tre – che devono obbligatoriamente sussistere per poter ritenere integrata la responsabilità penale del datore. Innanzitutto, è necessario che vi sia un legame causale tra la violazione delle norme antinfortunistiche e l’evento dannoso. Soltanto la presenza dell’extraneus connotata da anormalità, atipicità ed eccezionalità, sarebbe idonea ad interrompere tale nesso eziologico.

In secundis, la norma antinfortunistica violata deve mirare a prevenire l’incidente verificatosi.

Terzo elemento – introdotto dalla pronuncia in esame – l’aggravante è ravvisabile solo se la regola prevenzionistica sia dettata a tutela di qualsiasi soggetto che entri in contatto con la fonte di pericolo sulla quale il titolare ha poteri di gestione. Dunque, se la regola prevenzionistica è posta a beneficio precipuo del lavoratore, la responsabilità penale del datore deve essere esclusa.

La sentenza esaminata esprime un’innegabile “indole garantista”. Tuttavia, non potendo sottovalutare l’elevato rango dei beni protetti dalla normativa prevenzionistica, è auspicabile un’interpretazione che salvaguardi l’incolumità di qualsiasi consociato esposto al rischio lavorativo.

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